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Cosa è successo al 2 per mille per le associazioni culturali?

6 Giugno 20234 min read

Sono giorni intensi per commercialisti, CAF e sostituti d’imposta: sono i giorni della dichiarazione dei redditi. Tra le decine di detrazioni, deduzioni e imposte presenti nel modello predisposto dall’Agenzia delle Entrate ce ne sono alcune ormai conosciute da tutti i contribuenti: il 5 per mille e l‘8 per mille.

La destinazione del 5 per mille e dell’8 per mille

L’8 per mille ha una genesi più antica. Risale infatti addirittura al 1985 e dà la possibilità ai cittadini di scegliere di donare una quota dell’Irpef allo Stato o ad una Confessione religiosa (Chiesa Cattolica, Unione buddista, induista, ecc.).

Il 5 per mille, invece, introdotto nel 2006, riguarda esclusivamente gli Enti Non Profit o la Ricerca scientifica. Ogni anno, grazie al 5 per mille, organizzazioni come Emergency, AIRC e tante piccole realtà del terzo settore possono avere un piccolo sostegno fondamentale per portare avanti le proprie attività di natura sociale.

C’è però un altro strumento di sussidarietà fiscale meno conosciuto dai contribuenti, sia perché è stato inserito di recente sia perché non è stato oggetto di una grande campagna informativa: il 2 per mille.

A chi è destinato il 2 per mille?

Il 2 per mille è una forma di finanziamento pubblico dei partiti politici, effettuata direttamente dai contribuenti, che di fatto sostituisce i vecchi rimborsi elettorali.

Per partecipare alla ripartizione dei fondi del 2 per mille ciascun partito deve richiedere l’iscrizione al Registro dei partiti politici e, una volta inserito nell’elenco, riceve un vero e proprio codice identificativo che deve essere esplicitato dal cittadino in fase di compilazione della dichiarazione dei redditi. Ogni partito potrà beneficiare solo del gettito delle scelte a suo favore, mentre il gettito non esplicitato, ovvero quando il contribuente non esprime alcuna “preferenza”, andrà allo Stato.

Ma lo sapevate che per un breve lasso di tempo è stato possibile destinare il 2 per mille anche alle associazioni culturali?

La breve storia (triste) del 2 per mille alla cultura

Il 2 per mille alla cultura era stata una novità introdotta in via sperimentale nel 2016 dall’allora governo Renzi, poi sparita negli anni successivi e ripescata nel 2021. Da qui in poi non si è mai più rivisto nella dichiarazione dei redditi, nonostante diverse forze politiche abbiano sottolineato la necessità di reintrodurlo per dare un sostegno concreto alle migliaia di associazioni culturali presenti sul territorio italiano. Parliamo di realtà che lavorano ogni giorno per valorizzare il patrimonio culturale nostrano come musei, chiese e opere d’arte, e arricchiscono le città italiane con concerti, spettacoli teatrali, balletti e tantissimo altro.

Le edizioni del 2016 e del 2021 erano state sicuramente positive: il 2 per mille per la cultura necessitava sicuramente di alcuni accorgimenti, vedi ad esempio i tempi ristretti per effettuare la richiesta di iscrizione nella lista dei beneficiari o la scarsissima comunicazione sull’esistenza stessa dello strumento, ma, al netto di tutto, aveva grandissime potenzialità.

Un Paese florido e dinamico dal punto di vista culturale come l’Italia ha bisogno di investire nella cultura, a maggior ragione se questo sostegno viene dal basso. Chiunque di noi, del resto, sarebbe disposto a destinare parte delle proprie imposte ad un’associazione culturale che valorizza l’identità del proprio territorio tramite, ad esempio, l’arte e la musica.

Il nostro auspicio è che il Governo possa mantenere fede alle promesse effettuate in campagna elettorale mandando un messaggio forte a tutti gli operatori culturali presenti in Italia.

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