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Poletti: 110 e lode? Il voto non serve a niente

26 Novembre 20153 min read

Laurearsi a 28 anni prendendo 110 e lode? Non serve a niente, meglio prendere 97 a 21 anni.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, esprime un concetto molto forte, discusso e discutibile nel corso della convention di apertura di «Job&Orienta», la 25esima mostra del convegno nazionale dell’orientamento, scuola, formazione, lavoro.

«Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più – ha affermato Poletti – si butta via del tempo che vale molto, molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, ma non serve a niente».
polettiSecondo il ministro del Lavoro nel nostro Paese c’è un’attenzione eccessiva al voto, un aspetto che porta molti studenti a rinviare il conseguimento della laurea ed entrare così tardi nel mondo del lavoro.
Il tempo rappresenta un elemento essenziale per accumulare esperienze e conoscenze che non siano esclusivamente teoriche e competere al meglio con i giovani provenienti da altre nazioni.
L’opinione espressa dal ministro Poletti è sicuramente condivisibile, ma probabilmente andrebbe ribaltata la questione. Siamo sicuri che terminare gli studi prima, anche con delle votazioni inferiori al 110 e lode, aiuti i ragazzi appena laureati ad essere maggiormente competitivi?
Perché se è vero che negli altri paesi europei i percorsi di studio liceali ed universitari durano di meno, è anche vero che esiste un mercato del lavoro pronto ad accogliere un giovane diplomato o laureato.
L’Italia, al contrario, presenta un sistema meno dinamico, con una flessibilità, adesso, più accentuata all’interno del rapporto di lavoro, ma con una rigidità di sistema ancora troppo marcata.
In altri termini, i vincoli contrattuali sono più facili da sciogliere, ma una volta terminato il rapporto di lavoro i giovani hanno enormi difficoltà a rimanere all’interno del circuito lavorativo.
Un mercato del lavoro, inoltre, che non premia o non premia abbastanza il merito siamo sicuri sia realmente equo? Un discorso a parte andrebbe fatto, inoltre, per le scuole e le università, il cui distacco dalla realtà lavorativa in termini di competenze e conoscenze è diventato ormai abissale: l’incentivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro (in parte attuati nel decreto “La buona scuola”) appare più urgente che mai.
L’eccessiva attenzione al voto può essere valutata, in via definitiva, come un sintomo della patologia e non come la patologia in sé.

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