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L’Ocse bacchetta l’Italia: disoccupazione giovanile aumentata del 2,7%

13 Luglio 20152 min read

Un 2014 disastroso per i giovani italiani. È questo il bilancio che viene fuori dai dati comunicati oggi dall’Ocse.
Secondo l’organizzazione internazionale, nel 2014 il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato del 2,7% rispetto al 2013, arrivando a toccare quota 42,7%.

FormazioneC’è un altro dato emblematico: nel 2007, il livello di disoccupazione era del 20,4%. Questo vuol dire che in otto anni è più che raddoppiato, a testimonianza di come il nostro paese sia stato uno dei paesi che ha subito le ripercussioni più gravi dalla crisi.
Il mercato del lavoro italiano fatica ad avere qualsiasi tipo di turnover generazionale: è a tutti gli effetti un sistema immobile ed incapace di gestire i cambiamenti.
L’Ocse, inoltre, rivela come sia in crescita anche la percentuale di Neet, ovvero di giovani under 29 che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione. Nel nostro paese un giovane su quattro è un Neet, con una percentuale che è aumentata del 40% dall’inizio della crisi.

Questo dato ci dimostra come l’Italia sia stata totalmente incapace di adottare gli strumenti adeguati per difendere il mercato del lavoro dall’avvento della crisi. Altri paesi hanno saputo limitare i danni, essendo dotati di un mercato del lavoro e di un sistema di politiche attive in grado di assorbire gli urti di una congiuntura economica negativa.
Se entriamo poi nel dettaglio dei rapporti lavorativi instaurati dai giovani, capiamo come sia persistente e crescente il fenomeno della precarietà.
Nel 2014 il 56% degli under 25 possedeva un contratto a termine, una percentuale aumentata di 3,3 punti percentuali rispetto al 2013.
Ma quel che stupisce ancora di più è l’immobilismo dell’intero settore lavorativo per quanto riguarda la stabilizzazione dei rapporti. Come riporta l’Ocse, infatti, in Italia solo «solo il 55% delle persone che entrano nel mercato del lavoro cominciando con un lavoro temporaneo hanno un contratto permanente dieci anni dopo, uno dei dati più bassi nell’Ocse».

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