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La Commissione rimanda la fine del roaming: occasione persa?

5 Marzo 20152 min read

Addio al roaming? Sì, ma non prima del 2018.
È questa la contestata decisione presa dalla Commissione europea. Contestata in primis dal Parlamento Ue.
Nel mese di Aprile 2014 l’assemblea parlamentare aveva disposto l’eliminazione dei costi di traffico telefonico da pagare quando ci si trova in un paese diverso dal proprio.

Jobs act via i Co.co.pro e modifiche alle Partite IvaSembra una contraddizione in termini il fatto che nell’epoca delle moneta unica e dell’abolizione delle barriere doganali, i cittadini dell’Eurozona debbano sopportare costi maggiorati nell’invio di un sms per il semplice fatto di trovarsi in Francia o in Germania.
Eppure è così e la spiegazione va ricercata nell’immenso potere delle compagnie telefoniche.
Paesi come la Francia e l’Olanda si sono opposti fermamente all’eliminazione immediata del roaming, rinviando la decisione al 2018 e rendendola vincolata ad uno studio specifico sugli impatti di una simile decisione sulle compagnie telefoniche.
Qualora l’addio al roaming dovesse comportare danni notevoli all’attività economica delle suddette compagnie, ci potrebbe essere lo stop improvviso del processo di riforma.

Francia e Olanda hanno messo davanti, dunque, gli interessi oligopolistici delle proprie imprese, fornendo un ulteriore colpo al processo di integrazione politica ed economica.
Eppure proprio questo era uno dei punti cardine del piano di liberalizzazione del nuovo presidente della Commissione Juncker. In questi anni i costi del roaming sono stati ridotti in maniera notevole (-80%), ma non può bastare.
I cittadini dovranno accontentarsi di un misero pacchetto in vigore dal primo luglio 2016: 5 minuti, 5 megabyte e 5 sms senza costi aggiuntivi per sette giorni l’anno.
Superato questo limite, si tornerà ai costi aggiuntivi standard: 5 centesimi al minuto per le chiamate e per ogni megabyte e 2 centesimi per gli sms. Il principio “mercato unico, tariffa unica” è, dunque, ancora lontano dall’essere attuato.
La sensazione è che la debolezza del processo di integrazione europea, manifestatasi in questi mesi, possa avere delle ripercussioni in sede decisionale. Crescono, infatti, i veti incrociati e aumentano gli stati mal disposti a cedere quote di sovranità in nome del progetto europeo.
È una problema, quest’ultimo, di natura politica e va affrontata con discreta urgenza.

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