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Impresa in genere: cosa ci dice il Rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile

22 Giugno 20164 min read

Unioncamere, con il contributo tecnico-scientifico di Si.Camera, ha realizzato il terzo Rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile. 

L’analisi monitora l’universo delle imprese femminili, facendo luce sulle tendenze recenti, i settori più diffusi, la composizione anagrafica e territoriale e le tipologie giuridiche.
Il rapporto presenta diversi spunti interessanti. Noi vi presenteremo i dati a nostro avviso più significativi, con un passaggio anche sul rapporto tra donne e cooperative.

Secondo gli ultimi dati, nel 2015, le imprese femminili ammontano a 1 milione e 312 mila, corrispondenti al 21,7% del totale imprenditoriale nazionale. Rispetto imprese-femminilial 2014 c’è una crescita contenuta, corrispondente a +10mila unità.
Si tratta per lo più di imprese di piccola dimensione, se è vero che il 97% di esse è composto da meno di 10 addetti. Come è facile prevedere le donne sono maggiormente attive nel settore dei servizi, dove operano ben 850mila aziende femminili, corrispondenti al 65,5% del totale.
Per far un confronto con l’altro sesso, le imprese a componente maschile operanti nel campo dei servizi rappresentano solamente il 54% del totale. Con la diminuzione della quota di attività legate alla produzione di cose, come l’agricoltura e la manifattura, ambiti che richiedono un maggiore sforzo fisico, è cresciuto il numero di donne occupate.
Queste ultime hanno trovato nel settore dei servizi un campo particolarmente adatto alle proprie competenze e conoscenze, considerato anche il livello di istruzione che è generalmente più elevato tra le donne rispetto agli uomini.

Se analizziamo nel dettaglio i settori economici di riferimento delle imprese femminili, al primo poso troviamo il commercio con oltre 371mila aziende “rosa”, seguito dall’agricoltura, silvicoltura e pesca (219.990), alloggio, ristorazione e servizi turistici (128.224) e altre attività di servizi alla persona (111.210).
Sempre in riferimento alla tipologia di attività scelte, è interessante notare come le donne siano sempre più tecnologiche. Come evidenzia, infatti, il rapporto di Infocamere le imprese femminili nel settore ICT, sempre tra il 2010 e il 2015 e al netto delle società di persone, crescono ad un ritmo di molto superiore a quello medio riferito al resto dell’economia (+9,5 contro il +3%), sulla scia quasi esclusiva dell’aumento delle imprese nel comparto dell’informatica e telecomunicazioni (+11,5%) rispetto a quanto avvenuto nel comparto di media e comunicazione (+1,3%). In termini assoluti, le imprese femminili nel settore ICT sono cresciute di circa 1.800 unità, passando dalle 18.700 unità del 2010 alle 20.500 circa del 2015″.

Le donne prediligono il modello della ditta individuale (53,9% sul totale delle imprese), ma non mancano anche le cooperative femminili. Sono circa 30mila le coop guidate da donne, corrispondenti al 2,5% del tessuto imprenditoriale femminile.
Ci sono poi alcuni settori che presentano una maggiore diffusione di coop femminili. Stiamo parlando della sanità e dell’assistenza sociale, dove il 40% delle imprese femminili sono costituita sotto forma di cooperativa.
È doveroso, infine, effettuare una riflessione sulle tendenze recenti dell'”impresa rosa”. Dal 2010 al 2015 il numero delle imprese femminili è aumentato di tre punti percentuali (+3,1%) contro il lieve incremento registrato da quelle maschili (+0,5%). In termini assoluti si è trattato di un’espansione della base imprenditoriale femminile di quasi +35 mila imprese, quasi il doppio della crescita di quella maschile (+18.500 circa).
Le imprese femminili mostrano una crescita superiore rispetto a quelle maschili anche in termini occupazionali. Dal 2010 al 2014, infatti, in base ai dati Istat, l’occupazione femminile è aumentata dell’1,7% (+156 mila addetti), dimostrandosi in controtendenza rispetto alla flessione subita da quella maschile (-3,8%; -498 mila unità).

 

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