Now Reading: Dalla mucca pazza all’Oms: gli allarmi alimentari sono costati 12 miliardi

Loading
svg
Open

Dalla mucca pazza all’Oms: gli allarmi alimentari sono costati 12 miliardi

30 Ottobre 20152 min read

Sono costati 12 miliardi in 15 anni gli allarmi alimentari nel nostro Paese.
La stima è stata effettuata da Coldiretti che ha analizzato i dati sui consumi dal 2000 ad oggi, cercando di individuare l’entità dei danni economici provocati dagli allarmi alimentari al Made in Italy agroalimentare.

Il primo scandalo è scoppiato nel 2001 con l’emergenza mucca pazza che ha preoccupato i consumatori, provocando una perdita al settore zootecnico di 2 miliardi di euro. È stato il turno, poi, del virus aviaria, poi è arrivata la carne alla diossina, le cosiddette mozzarelle blu e la salumi cancerogenicontaminazione dei mangimi fino a giungere ai giorni nostri con l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulle carni lavorate.
Coldiretti parla di un danno economico enorme per la filiera alimentare italiana, generato il più delle volte da un’informazione approssimativa ed in alcuni casi persino errata.
L’allarmismo ingiustificato ha causato perdite importanti ad un sistema agroalimentare, quello italiano, che presta grande attenzione alle tecniche produttive, ai contenuti di grassi nei prodotti ed in generale incentra la propria produzione sull’elevata qualità.
Per fortuna, secondo Coldiretti, solo l’11% dei consumatori dichiara di aver modificato la propria “lista della spesa” a causa dell’allarme dell’Oms.

Evidentemente in questo caso, la presenza della Rete ed il lavoro svolto dagli organismi intermedi ha edotto al meglio i consumatori circa rischi che derivano dall’utilizzo della carne.
In Italia il fatturato delle carne suine vale 20 miliardi con 105 mila persone occupate. Si tratta, dunque, di un comparto chiave del Made in Italy che può vantare oltre 40 prodotti a denominazione d’origine: “Le carni Made in Italy sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione Doc” rileva Coldiretti.
Alle tecniche produttive più sane si aggiunge anche una quantità di consumo che nel nostro paese che è inferiore del 60% rispetto a quella statunitense.
Qualità superiore e quantità di consumo inferiore riducono, quindi, in maniera importante i rischi di tumore. La previsione dell’obbligo di dichiarare la provenienza degli insaccati sulle etichette rappresenterebbe certamente un ulteriore passo in avanti per tutelare le nostre produzioni e tranquillizzare i consumatori.

Sostieni la voce libera della cooperazione

Cari lettori e sostenitori della cooperazione,

Cooperative Italia è nato con una missione chiara: offrire una piattaforma informativa dedicata ai temi della cooperazione, economia, lavoro, agricoltura, terzo settore, innovazione sociale e innovazione d'impresa. Da sempre, ci impegniamo a fornire contenuti accurati, approfonditi e imparziali, perché crediamo in un media libero e indipendente.

Se condividete la nostra visione e la nostra passione, vi invitiamo a sostenerci. Ogni contributo, anche il più piccolo, fa la differenza.

svg

What do you think?

Show comments / Leave a comment

Leave a reply

svg