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Parigi: la forma dell’orrore

16 Novembre 20154 min read

L’orrore non ha religione, non ha cultura e non conosce il colore della pelle.
Questa frase è stata ripetuta svariate volte e in diverse sfaccettature negli ultimi giorni. Gli attentati di Parigi hanno portato con sé uno strascico di commenti e reazioni irrazionali, un sentimento di odio misto a paura, ma anche a riflessioni oneste e lucide sul perché l’umanità, sia essa di professione islamica o cattolica, di nazionalità siriana, francese o americana, sia portata a compiere simili atti di rinnegamento di sé stessa.

Sì perché ciò che è successo a Parigi, venerdì 13 novembre, non è altro che la negazione di cos’è l’uomo o quanto meno di ciò che dovrebbe essere. Togliere la vita ad un essere della tua stessa specie in maniera consapevole, fredda e razionale, è quello che dicono ci distingua dagli altri essenti viventi e questo, più di ogni altra cosa, dovrebbe farci riflettere.
tour eiffel spentaMa che cos’è realmente l’orrore? Non è un caso che la maggior parte dei giornali francesi abbia deciso di aprire il giorno dopo i fatti di Parigi con questa parola così densa di significati.
L’horreur” oppure “L’horreur a Paris” sono questi i titoli più gettonati, espressioni che più di qualsiasi commento descrivono la violenza e l’odio scatenatosi attorno alle 22 nel X e l’XI arrondissement della città di Parigi.
Sono 129 le vittime dei setti attentati che hanno colpito in contemporanea la capitale francese; quello che ha causato il maggior numero di morti (almeno 82) è avvenuto al Bataclan, un teatro situato nella parte est della città, dove in quel momento si stavano esibendo gli Eagles of Death Metal, una rock band americana.
Erano 1500 le persone che stavano assistendo al loro concerto, prima che 4 terroristi facessero irruzione nella sala e trasformassero l’euforia in terrore, il relax di un venerdì sera come un altro in orrore.

L’orrore assume la forma della calma con la quale gli attentatori hanno giustiziato le loro vittime: una alla volta, raccontano; con quel procedere scientifico che eleva il male oltre i confini della ragione.
L’orrore è esemplificato da chi, disperato, prova a fuggire da quella carneficina attraverso le finestre della struttura, cercando un appiglio lì dove esiste solo il vuoto, sapendo che, comunque, più in basso di così non sarebbe potuto cadere.
L’orrore è nelle storie di vita quotidiana di chi ha perso la vita al Bataclan, a Rue du Charonne in un ristorante giapponese ed in un bar lì vicino, nel ristorante cambogiano Petit Cambodge, nel Mc Donald’s di fronte allo Stade de France e di chi avrebbe potuto perderla a Montmartre, un’altra zona che gli attentatori avrebbero voluto colpire.
La forma dell’orrore va al di là dei fatti di Parigi e attraversa la Siria, l’Iraq, gli Stati Uniti, l’Afghanistan, l’Inghilterra, Israele e la Francia, territori oggetto delle violenza brutale di una guerra culturale, religiosa, politica ed economica.
In queste ore la Francia, con il supporto degli Stati Uniti, ha dato il via ad un attacco potente in Siria nelle roccaforti dell’Isis. Il sangue e l’odio continuano, dunque, a seminare terrore, nella speranza che presto l’uomo possa riprendere la sua forma naturale e non quella caricaturale dell’orrore.

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