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Cantone: corruzione come la mafia, è un danno per il Paese

19 Ottobre 20152 min read

Il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, è tornato ad affrontare il tema della corruzione nel nostro Paese, analizzando la questione dal punto di vista normativo e culturale.
Lo ha fatto a Pescara, nel corso dell’appuntamento della Repubblica delle Idee dedicato alla corruzione.
Per limitare questo fenomeno, è necessario, secondo Cantone, effettuare delle scelte politiche coraggiose e determinare soprattutto un cambiamento culturale all’interno delle istituzioni e della società civile.

La corruzione è un aspetto quasi endemico nel nostro Paese e che, dopo Tangentopoli, non è affatto diminuito. Al contrario, in base alle parole del presidente raffaele cantone cooperativedell’Anac, c’è stato un effetto quasi darwiniano, che ha visto sopravvivere solo i più bravi nella poco nobile “arte del corrompere e dell’essere corrotti”.
Nonostante gli scandali si susseguano quasi quotidianamente, non ultimo quello relativo all’Atac, Cantone ha ben chiaro il processo da seguire per combattere ed abbattere la corruzione nel nostro Paese: «La chiave è dimostrare ai cittadini che la corruzione è sconveniente. Serve un cambiamento culturale come per la mafia, dove tutti si sono resi conto che rappresenta un danno per il Paese. Un’impresa che utilizza la corruzione non farà mai innovazione, per esempio. E non a caso i Paesi con più alta corruzione sono quelli con basso tasso di ricerca».

Uno degli elementi che determinato il mancato sviluppo dei paesi dell’Europa mediterranea, del Sud America e dell’Africa è proprio l’elevato livello di corruzione. Quest’ultima rappresenta una forma di potere tradizionale, basata su scambi di favore di tipo privatistico, che danno uno scarso apporto al benessere collettivo.
Ne risentono le prestazioni fornite ai cittadini, la libera concorrenza e, come sottolinea lo stesso Cantone, il livello di innovazione.
Per ottenere un determinato appalto, ad esempio, non è necessario offrire servizi e prodotti migliori e maggiormente innovativi; basta, al contrario, disporre di una rete di conoscenze capillare all’interno della macchina burocratica e della sfera istituzionale.
Un Paese legato a rapporti di tipo particolarista, in via definitiva, non può crescere e redistribuire la ricchezza. Ecco perché il cambiamento culturale è il primo passo da effettuare per sradicare le pratiche corruttive, in Italia come nel resto del mondo.

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