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La Buona Scuola: quando il preside diventa un manager!

13 Marzo 20153 min read

Dopo tanti rinvii e polemiche, il decreto legge sulla “Buona Scuola” è stato approvato in Consiglio dei Ministri ed è pronto ad arrivare in Parlamento.
Sono molte le misure innovative, destinate a far parlare di sé.
Il punto più critico riguardava l’assunzione dei migliaia di precari del sistema scolastico, inseriti in vere e proprie “liste di attesa” per anni senza poter avere una cattedra.
Si tratta di persone abilitate all’insegnamento, ma impossibilitate a farlo a causa della carenza di posti e risorse.

Il Governo è intervenuto stabilizzando, a partire dal primo settembre 2015, circa 100mila professori presenti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae). Vengono lasciati fuori dal provvedimento circa 50mila insegnanti, che avevano sperato in un primo tempo di essere assunti, ma dovranno attendere almeno un anno.
Sono quelli inseriti nelle graduatorie di istituto e di seconda fascia e gli “idonei al concorso del 2012”.
Questi ultimi dovranno aspettare il nuovo concorso del 2016, ricorsi permettendo.

classe-banchiL’aspetto, però, a nostro avviso maggiormente problematico del decreto la Buona Scuola (?) riguarda il rinnovato potere dei presidi. I dirigenti scolastici si dovranno comportare come dei veri e propri manager di un’azienda.
Ci sarà, infatti, una più ampia autonomia in capo alle singole scuole nella scelta dei programmi didattici e degli organici funzionali. Il preside potrà valutare i curricula dei propri insegnanti (che saranno pubblici ed online) ed inserirli nelle classi in base alle esigenze del momento.
Ma cosa ancora più importante, spetterà al preside la valutazione dei professori: in base ad essa potrà decidere se premiarli o meno attraverso degli incentivi remunerativi.
Il Governo ha previsto, infatti, lo stanziamento di 200 milioni di euro per gli insegnanti “migliori”. Inizialmente sembra che questa categoria potesse usufruire addirittura degli scatti merito, ma dopo le polemiche dei giorni scorsi l’esecutivo ha deciso di mantenere gli scatti di anzianità, disponendo semplicemente degli incentivi materiali per il 5% dei professori più meritevoli di ogni singola scuola.

Qui, però, sorge un problema non di poco conto. Secondo quali criteri il preside, sentito il Consiglio d’Istituto, potrà decidere di far scattare questi premi? Il Governo sul punto è stato abbastanza vago, lasciando ampio margine di manovra ai singoli dirigenti scolastici.
Probabile si decida di intervenire più avanti attraverso la legge delega sulla valutazione degli insegnanti. In questo modo, però, si lascia troppo potere ai presidi e si potrebbe andare in contro a scelte poco responsabili.
Renzi promette massima severità per i dirigenti che non saranno in grado di svolgere questo compito, ma rimarrà comunque difficile controllare singole situazioni anomale.
Giova ricordare che la scuola non è un azienda e non opera secondo i canoni del profitto e dell’efficienza. Bene l’incentivazione del merito e della qualità dell’insegnamento, ma inserire i principi competitivi del libero mercato all’interno del mondo scolastico può essere controproducente e per certi aspetti pericoloso.

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