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Trivelle: niente quorum, ma a perdere è la classe politica

18 Aprile 20164 min read

Niente da fare per il referendum sulle trivellazioni. La consultazione non raggiunge il quorum del 50%: è andato a votare, infatti, solo il 31,18% degli aventi diritto, corrispondenti a circa 14 milioni di persone. 

Nonostante, dunque, abbia vinto nettamente il sì (85,8% contro il 14,2%) potrà continuare l’attività di estrazione di gas e petrolio entro le 12 miglia per le concessioni già attive. L’unica regione ad avere raggiunto il quorum è stata la Basilicata; discreto il risultato della Puglia, dove hanno votato circa il 40% degli aventi diritto. Si sono recati alle urne, invece, solo il 25,9% e 26,4% degli aventi diritto rispettivamente in Campania e Calabria, ovvero due regioni interessate dalla referendum trivellevicenda trivellazioni in mare.
La sconfitta per il fronte del sì è piuttosto netta, ma in senso assoluto i numeri raggiunti sono soddisfacenti. Mobilitare 14 milioni di cittadini su una questione estremamente tecnica e difficile da valutare senza una conoscenza approfondita dell’argomento è un risultato non di poco conto.
Del resto il tema del raggiungimento del quorum è diventato ormai una costante per tutti i referendum. Dal 1997 in avanti, solamente una volta, nel 2011, in occasione della consultazione sull’acqua pubblica, si sono recati a votare più del 50% degli aventi diritto. Tutti gli altri referendum sono falliti.
I media tradizionali hanno iniziato ad affrontare l’argomento trivelle solamente negli ultimi 15 giorni e l’invito del Governo a non recarsi alle urne non ha di certo giovato per il raggiungimento del quorum.
Il problema dell’affluenza non lo scopriamo certo oggi: fa parte di un processo di disaffezione verso la cosa pubblica che interessa l’Italia e tante altre democrazie europee e che rischia di rendere la classe politica sempre meno accountable, ovvero responsabile delle proprie decisioni.

Da un certo punto di vista non stupisce neppure il triste teatrino al quale abbiamo assistito una volta comunicati i dati sull’affluenza. A scatenare la polemica è stato ernesto carbone tweetErnesto Carbone, membro della segreteria politica del Partito Democratico, che nel pomeriggio da tweetato: “Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l’importante è partecipare #ciaone“.
L’hashtag #ciaone è diventato subito virale ed è stato ripreso da diversi esponenti del partito di maggioranza. Nel mirino di Carbone e dello stesso premier Matteo Renzi, che ha definito il mancato raggiungimento del quorum come una sconfitta di alcuni consiglieri regionali e presidenti di Regione, ci sono proprio degli esponenti del Pd che hanno promosso la consultazione.
nicodemo emiliano

Uno di questi è Michele Emiliano, governatore della Puglia, e protagonista di uno scontro su Twitter con Francesco Nicodemo, uno dei responsabili della comunicazione del Governo ed esponente Pd.
Emiliano viene accusato di retweetare utenti che “odiano il Pd” e di avere attaccato il proprio partito ed il proprio segretario. Il governatore pugliese, da parte sua, difende gli italiani che si sono recati al voto ed il referendum promosso proprio da alcune regioni interessate dalla legge sulle concessioni.
Aldilà del merito della questione referendaria, a perdere ancora una volta è stata la classe politica, che ha trasformato un tema delicato e complesso, come quello delle concessioni alle compagnie del gas e del petrolio ed in generale della politica energetica, in una battaglia intestina dai toni bassi e dai contenuti poveri.

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