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Riforma credito cooperativo: le ipotesi in gioco

12 Gennaio 20162 min read

Una riforma che rischia di cambiare profondamente i connotati del credito cooperativo.
Se ne parla ormai da mesi, ma pare siamo giunti al rush finale: il mese di febbraio è stato designato come quello decisivo per portare a termine il riassetto delle 363 banche del credito cooperativo.

L’intento dell’esecutivo è evitare di ripetere nuovi casi come quelli delle banche popolari, che hanno visto azionisti e obbligazionisti contribuire al salvataggio degli istituti di credito.
bccNelle idee di Palazzo c’è quella di far valere il principio di mutualità (elemento essenziale della forma giuridica cooperativa e dunque anche delle società cooperative per azioni), creando un sistema di garanzie incrociate. In altri termini, saranno le bcc più solide a salvare gli istituti maggiormente in difficoltà.
Si verrebbe a creare così un sistema solidale, con la possibilità per chi decide di non farne parte di trasformarsi in banca popolare.
Il percorso di riforma, però, sarà lungo e complesso. L’esecutivo ha intenzione di stabilire innanzitutto una soglia minima per poter far parte del sistema.

Si parla di una cifra vicino ai 50 milioni di euro, che costringerebbe molte bcc, soprattutto al Sud, ad attivare processi di aggregazione.
La diffusione capillare sul territorio degli istituti del credito cooperativo, che nascono proprio con l’intento di sviluppare l’economia locale, sarà sempre più limitata, considerate le sofferenze economiche degli ultimi anni.
Come riporta il Corriere della Sera, nel 2014 i crediti anomali rappresentavano  il 18% dei prestiti totali contro la media del 16,8% delle altre banche, mentre le sofferenze erano il 9,1%.
Si tratta, dunque, di un risanamento finanziario doveroso. Per mettere in pratica il principio del mutuo soccorso, l’idea del Governo e di Federcasse, l’associazione di rappresentanza delle bcc, è di costituire un’unica grande holding a capo del sistema; tutte le bcc saranno azioniste di un organismo che diventerebbe così il terzo istituto bancario più grande d’Italia e come tale sottoposto al controllo della Bce.
Non ci sarà, infine, lo stesso livello di indipendenza tra le bcc facenti parte della holding. Maggiore sarà il patrimonio, infatti, e maggiore sarà il grado di autonomia.
Gli istituti più in difficoltà, invece, saranno commissariati.

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