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Poletti: nel 2016 intervento sulla flessibilità in uscita

27 Ottobre 20152 min read

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, ha espresso la posizione del Governo sui temi più scottanti del mercato del lavoro nel corso del videoforum di La Repubblica.
Poletti ha commentato i provvedimenti inseriti nella Legge di Stabilità, soprattutto quelli sugli esodati ed il part-time. Ma tra gli argomenti affrontati c’è anche quello dell’abolizione della Tasi e della cosiddetta flessibilità in uscita, intervento che in un primo momento sembrava dovesse rientrare nella finanziaria.

In realtà l’esecutivo ha deciso di prendersi più tempo e di rinviare il tutto al 2016: «Nell’arco del 2016 saremo in grado di fare una proposta sulla flessibilità in polettiuscita dal lavoro. Non siamo stati ancora così bravi da riuscire a risolvere questo problema, che è figlio anche del fatto che la contabilità dello Stato deve avere una copertura nell’anno in cui si realizza».
Un provvedimento sui prepensionamenti è indispensabile per dare avvio al turnover generazionale. L’esigenze di ringiovanimento della forza lavoro, però, si scontrano con gli obblighi di finanza pubblica imposti da Bruxelles e con un debito pubblico tra i più elevati d’Europa.
L’inserimento di forme di flessibilità in uscita, unita al mantenimento degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, rappresenterebbe un passo avanti importanti anche le aziende.
Come ha più volte sottolineato il presidente di Conserve Italia, Maurizio Gardini, è interesse stesso dell’impresa attuare il turnover generazionale per rinnovare le competenze all’interno dell’azienda ed usufruire degli sgravi fiscali.
Un altro argomento molto discusso riguarda la possibilità di inserire un reddito minimo garantito. Poletti ritiene questo strumento inadatto per ovviare alle difficoltà dei giovani e dei disoccupati di entrare all’interno del mercato del lavoro: «Pensiamo che il problema reale non sia il reddito. Deve stare insieme a una politica di presa in carico di coloro che escono dal lavoro, o che sono in cerca. In questo Paese le cose non si fanno, perché ci vuole troppo tempo. Io credo che invece bisogni iniziare: abbiamo fatto una buona cosa, costruiremo un sistema di presa in carico e attivazione dei cittadini che non è un ‘reddito minimo’, ma comprende una parte di sostegno al reddito».

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