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Legacoopsociali dice no al ruolo di pubblico ufficiale per i cooperatori

13 Marzo 20173 min read

Legacoopsociali, ovvero l’organizzazione di rappresentanza delle cooperative sociali iscritte a Legacoop, esprime la propria contrarietà nei confronti di alcune delle novità del decreto immigrazione, prossimo alla discussione in Senato.

Uno degli aspetti più problematici del provvedimento riguarda i cooperatori sociali che gestiscono le strutture di accoglienza. In merito il testo recita che “nello svolgimento delle operazioni di notificazione di cui al comma 3-ter, il responsabile del centro o della struttura è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto di legge”.
Attribuire una funzione pubblica ad un cooperatore significa svuotare di senso il concetto stesso di cooperatore sociale, ovvero una figura che ha il compito lavorare per l’integrazione del migrante attraverso un’operazione di mediazione tra le istituzioni locali, la società ospitante ed il migrante stesso.
Assegnargli il ruolo di pubblico ufficiale significa, secondo Legacoopsociali, effettuare “una sovrapposizione impropria in termini di opportunità poiché lesiva della relazione fiduciaria fondante l’efficacia dell’agire sociale che deve operare in un’ottica di sensibilizzazione bidirezionale migrante – società ospitante, assicurando al primo la necessaria equidistanza dalle istituzioni funzionale all’esercizio della propria cittadinanza attiva nella comunità locale”.

L’aspetto, però, più reclamizzato del nuovo decreto immigrazione è l’aumento del numero dei cosiddetti Cie, (Centri di identificazione ed espulsione), strutture che si sono fatte conoscere quasi solo per le violazioni dei diritti umani e per i loro costi elevati.
A causa della scarsa collaborazione dei paesi di provenienza in merito alle richieste di identificazione degli ospiti da parte dello Stato italiano, i migranti sono costretti a rimanere nei Cie vivendo tra l’altro in condizioni igienico sanitarie estremamente precarie.
Il sovraffollamento delle strutture e la cattiva gestione da parte degli operatori privati trasformano così i Cie in vere e proprie prigioni per migranti.

Con il decreto immigrazione i Cie cambieranno nome diventando Cpr, Centri di permanenza per il rimpatrio, e soprattutto si moltiplicheranno, passando dai 6 attuali a 20, uno per regione. Dovrebbe aumentare anche il numero complessivo degli ospiti, che passerà dagli attuali 700 a circa 2.000.
Alla luce di tutti questi elementi Legacoopsociali ritiene che il potenziamento dei centri di espulsione, così come “ogni tipo di azione o di provvedimento che determini l’incremento di provvedimenti amministrativi di espulsione caratterizzati da automatismo e da assenza di adeguata valutazione delle situazioni individuali”, sia una misura inefficace per la gestione dei flussi migratori, soprattutto se non accompagnata da un maggiore e migliore dialogo con i paesi di provenienza che di fatto ostacolano le procedure di rimpatrio.

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