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Le Società Benefit cancelleranno le imprese sociali?

21 Gennaio 20163 min read

Il ddl Stabilità inserisce nel nostro ordinamento una nuova forma di impresa: la Società Benefit.
Si tratta di un modello nato negli Stati Uniti e pensato per le aziende for profit. Le cosiddette Benefit Corporations, oltre a dividere gli utili con gli azionisti, possono inserire nel proprio statuto il perseguimento di determinati obiettivi sociali.

I manager dell’azienda, dunque, non valutano solo il rendimento economico, ma anche l’impatto sociale dell’attività dell’impresa, inteso come apporto positivo concreto alle persone e all’ambiente.
società benefitIn questo modo l’impresa tradizionale assume spiccati connotati sociali, pur mantenendo il proprio carattere di azienda for profit.
Il modello appena descritto è adottato da tante grandi imprese, soprattutto nel settore della sharing economy. Una delle principali Benefit Corporation è Kickstarter, la piattaforma di crowfunding più famosa al mondo.
L’ordinamento italiano ha così deciso di recepire parte del modello americano, reinterpretandolo per così dire in chiave europea. Per trasformare una srl o una spa in società benefit sarà necessario inserire nell’oggetto sociale un determinato obbligo di natura sociale o ambientale.
Introdurre questo aspetto nello statuto significa, in sostanza, vincolare anche i futuri amministratori a rispettare questi parametri, certificando la necessità di arrecare benefici alla comunità locale anche negli anni a venire.
L’intento del Governo è soprattutto impedire che le startup, specie quelle nel campo della sharing economy, possano trasformarsi con il passare del tempo in vere e proprie multinazionali, guidate solamente dal profitto.

Come sottolinea in maniera puntuale Bruno Pagamici su Italia Oggi, l’introduzione di questa nuova forma giuridica rischia di mettere in crisi le diverse manifestazioni di impresa sociale, tra le quali certamente vanno annoverate anche le cooperative.
Un possibile investitore nel campo dell’economia della condivisione potrà, infatti, trovare più vantaggioso drenare le proprie risorse verso società benefit anziché investire in imprese sociali, in quanto queste ultime non garantiscono la medesima ripartizione degli utili.
Questo discorso diventa ancora più attuale nel momento in cui viene eliminata dal ddl di riforma del Terzo Settore la norma che ipotizzava una remunerazione fino al 5% per chi decide di investire nelle imprese sociali.
La legge in discussione al Senato dovrà, allora, cercare di risolvere la questione della ripartizione degli utili, trovando un compromesso tra il mantenimento del principio della mutualità prevalente e la necessità di attrarre nuovi investitori.

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