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Intervista a Antonio Borea – Presidente Confcooperative Campania

21 Aprile 201611 min read

Cosa significa fare impresa nel Mezzogiorno ed in Campania? Quali sono i problemi più ricorrenti che incontrano le cooperative campane?

Fare impresa nel mezzogiorno e in Campania significa investire in se stessi, ancora più che nelle altre realtà, perché da noi la cultura d’impresa e d’intrapresa non è una cultura del vivere quotidiano, dobbiamo essere sinceri, soprattutto in questa provincia, la provincia di Avellino, da dove io provengo. Innanzitutto è un le-interviste-coopitalialavoro culturale, fare impresa qui e farlo attraverso la cooperazione, vuol dire abbattere una serie di steccati e barriere che esistono. Molti, anche altri soggetti economici, non capiscono e non comprendono che fare cooperativa è fare impresa, questa è la realtà. È chiaro, dei passi in avanti sono stati fatti e perciò anche gli aspetti normativi sono fondamentali. Una delle scommesse di questo mio mandato è quella di far sì che il nostro posizionamento, non nei tavoli, ma nella realtà quotidiana sia un posizionamento riconosciuto e competenziale. La vera scommessa che io vorrei portare avanti, assieme agli altri amici della presidenza, del consiglio, assieme a tutti gli altri amici aderenti a Confcooperative e anche al mondo dell’ACI con cui si ragiona quotidianamente per la prossima unione, è lavorare affinchè in Campania, una terra difficile, con tanti contesti complicati e contaminati, riesca ad essere riferimento di una cultura positiva e propositiva.

 

La Campania possiede una lunga tradizione di cooperative che ridanno valore e dignità sociale ai beni confiscati alla criminalità organizzata. Secondo lei ci sono degli aspetti da migliorare nella normativa sull’assegnazione dei beni confiscati alle mafie?

Affidare il bene confiscato è un primo passo, far decollare l’utilizzo del bene confiscato è un secondo passo ancora più importante, perché lì dai un segnale vero che un luogo in cui veniva decisa anche la vita e la morte di qualcuno diventi un luogo di fecondità e rinascita.

Ogni normativa è sempre perfettibile, di conseguenza anche questa che poi tocca scenari molto particolari. Io penso di sì, noi ad Avellino abbiamo l’esperienza di Oasi Project, maglificio 100Quindici Passi di Quindici, che con grande difficoltà si stanno avviando. Io penso che bisogna anche lavorare a dei percorsi di tutoraggio dello start up reale. Affidare il bene confiscato è un primo passo, far decollare l’utilizzo del bene confiscato è un secondo passo ancora più importante, perché lì dai un segnale vero che un luogo in cui veniva decisa anche la vita e la morte di qualcuno diventi un luogo di fecondità e rinascita. Molte volte quello che vedo e sento, confrontandomi con gli amici cooperatori che lavorano nel campo dei beni confiscati, è che dopo i primi passi si è lasciati soli. Probabilmente come norma, come legge, come Stato, come confederazione e quindi come Confcooperative, dobbiamo imparare ad accompagnare le imprese in un percorso molto complicato.

 

Recenti studi hanno mostrato come l’export nelle regioni del Mezzogiorno sia in grande crescita, grazie soprattutto al rendimento dei distretti alimentari campani. C’è, però, il rischio che alcune specialità locali, come il pomodoro San Marzano, non vengano tutelate a dovere, in sede europea.
Quali sono le proposte di Confcooperative per proteggere i prodotti agroalimentari locali e favorire lo sviluppo delle aree rurali della regione?

Confcooperative in questa battaglia sul riconoscimento che l’unico San Marzano è quello campano è in prima linea, sia con il presidente di Fedagri che è Alfonso antonio boreaDi Massa, sia con il Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano DOP, quindi con Tommaso Romano, perché come lei diceva il mondo della qualità e quindi la qualità dei nostri prodotti è uno dei pochi che in questa regione dà soddisfazione dal punto di vista economico. Noi su questo argomento siamo in prima linea, stiamo partecipando ai tavoli con persone competenti, ci stiamo confrontando e stiamo lavorando in tutti i modi affinchè ci sia una salvaguardia dell’unico vero pomodoro e pomodorino San Marzano. C’è poco da dire: il nome e il luogo, quindi la qualità è quella. Non possiamo fare il San Marzano al Laceno, per essere chiari. Poi ci sono anche le storie perché dietro quel pomodorino ci sono le storie di famiglie, di contadini, di imprenditori agricoli che hanno investito negli anni e noi dobbiamo imparare non solo a rispettare i luoghi, ma anche chi ha lavorato affinchè San Marzano diventasse tale e riconosciuto in tutta Italia. Noi ci siamo, siamo presenti ai tavoli, siamo promotori di iniziative sia in Fedagri che in Agrinsieme. Agrinsieme è il soggetto che racchiude varie sigle del mondo sindacale cooperativistico agricolo, il cui presidente è Alfonso Di Massa. Noi ci siamo, battagliamo, facciamo squadra, facciamo comunicati sperando che anche le istituzioni ci sostengano.

Ci sono anche le storie perché dietro quel pomodorino ci sono le storie di famiglie, di contadini, di imprenditori agricoli che hanno investito negli anni e noi dobbiamo imparare non solo a rispettare i luoghi, ma anche chi ha lavorato

 

La Campania rappresenta una delle regioni più floride del Mezzogiorno e dell’Italia per numero di startup. Sono ancora poche, però, le startup che adottano la formula cooperativa.
Non crede sia necessaria una migliore comunicazione sulle opportunità offerte dal modello cooperativo e dare così impulso all’innovazione cooperativa?

In parte l’ho accennato prima. C’è un problema, secondo me, di “cultura d’impresa”, in generale e rispetto alla cooperazione. C’è un grosso gap che noi viviamo in Campania. Io ritengo che sì, è un problema di comunicazione, ma è un problema di contaminazione. Bisognerebbe iniziare a lavorare con i nostri giovani dalle scuole superiori fino ad arrivare a percorsi, anche di laurea, specifici nelle nostre università campane nelle quali facciamo conoscere cos’è la cooperazione, quali opportunità dà e che tipo di strumento è, perché è anche uno strumento. Io penso che sia un lavoro da fare ed uno degli obiettivi. Proprio l’altro giorno ne parlavo con altri amici di Confcooperative Campania, è uno degli obiettivi che ci vogliamo porre: interloquire con le università, interloquire, se possibile, con le strutture scolastiche per avviare una serie di incontri in cui iniziamo a far capire cos’è la cooperazione. È un lavoro di contaminazione. Se tu inizi a lavorare oggi, probabilmente, potrai vedere i primi risultati tra cinque o dieci anni. Noi oggi guardiamo come modello a regioni in cui la cooperazione esiste da secoli e non possiamo pensare di annullare quel gap in due o tre anni, lì è un modello culturale. Se vogliamo tendere a quei modelli, a quel modello culturale, dobbiamo iniziare a lavorare nei luoghi in cui formiamo i nostri giovani e i nostri figli. Quindi è un obiettivo che ci siamo posti, non so ancora come lo realizzeremo perché non dipende solo da noi, ma noi saremo a disposizione per lavorare su questo fronte.

 

Che consiglio darebbe, infine, ad un giovane che decide di aprire una cooperativa? Quale settore reputa chiave nel medio periodo e quale invece può offrire maggiori possibilità per il futuro?

Il consiglio è quello di avere ben chiaro dove sta andando, nel senso che la cooperativa è impresa, la cooperativa è flessibilità, la cooperativa è capace di cogliere opportunità. Questi i tre consigli che darei: attenzione, attenzione e conoscenza di quello che ti circonda.

Penso che chi abbia voglia di investire nella cooperazione, ed ha l’opportunità, abbia delle buone strade avanti a sé nel campo della tutela ambientale e della produzione agricola. 

Io penso che in questa regione il settore, dal punto di vista della cooperazione, che può dare maggiori soddisfazioni è probabilmente quello della valorizzazione dei beni e dei nostri prodotti. Beni, prodotti e ambienti. La ricchezza in questa regione è questa, la ricchezza della Campania è questa. Penso che chi abbia voglia di investire nella cooperazione, ed ha l’opportunità, abbia delle buone strade avanti a sé nel campo della tutela ambientale e della produzione agricola.
Penso che sia anche un discorso di medio-lungo periodo, lo dice una persona che viene dal sociale, io lavoro nel sociale e ho lavorato tanti anni nel sociale. Il nostro è un mercato che ha bisogno di regole, c’è una legge ma c’è bisogno di regole, c’è bisogno di regole rispetto agli affidamenti degli enti pubblici, c’è bisogno di regole rispetto al rispetto del contratto degli operatori. Viviamo un momento di “buona” confusione rispetto anche a questo. Però penso che se ci siano giovani che vogliono essere aiutati, anche da noi, ad investire su sé stessi e hanno idee, in generale, Confcooperative è a disposizione, Confcooperative Campania è a disposizione. Teniamo conto che rappresentiamo tantissimi settori, dalla cultura alla sanità passando per l’abitazione. Il mondo dell’housing sociale è un altro mondo che andrebbe esplorato con grande attenzione. Noi siamo a disposizione su questo. Ritengo che però investire in cooperazione agricola ed ambientale, se si hanno idee e voglia, possa essere un’opportunità.

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Giovanni Centrella

La fotografia è la mia più grande passione, mi sono formato in un corso di fotogiornalismo e documentario, che è stata un'intensa esperienza di vita, oltre che professionale. Lavoro quotidianamente per migliorare la mia tecnica e cogliere quello che spesso non si vede; ho allargato i miei orizzonti al video (sempre restando fedele alla mia reflex) e da qualche tempo piloto un drone per guardare il mondo da un altro punto di vista.

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