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Fine quote latte: crollo dei prezzi anche in Italia

12 Maggio 20153 min read

La fine dell’era delle quote latte ha generato una gara al ribasso sui prezzi. Così anche i prodotti italiani si sono dovuti adattare ad una competizione sempre più orientata sui costi piuttosto che sulla qualità.

La liberalizzazione del mercato lattiero-caseario, intrapresa un paio di mesi fa dopo anni di rigide regolamentazioni sui prezzi e sulla produzione, ha messo in seria difficoltà i produttori italiani. Il latte ed i derivati nostrani si contraddistinguono nella filiera internazionale per la loro elevata qualità, bilanciata da prezzi comparativamente più alti. Sono tantissimi gli esempi di consorzi e cooperative agricole, di piccole e medie dimensioni, che puntano sulla genuinità delle materie prime e sull’innovazione nei processi produttivi per arrivare ad un prodotto di qualità migliore rispetto ai competitors internazionali.

Quote latte

Gli effetti della fine delle quote latte sui prezzi dei nostri prodotti

La fine delle quote latte e la conseguente volatilità dei prezzi rischia di far venir meno questo vantaggio competitivo, portando il mercato mondiale verso una gara al ribasso estremamente pericolosa. Possiamo riportare alcune esemplificazioni di come le importazioni provenienti dall’estero verso l’Italia abbiano avuto un forte impatto anche sui prezzi dei nostri prodotti.
Il cosiddetto “latte spot” ha sceso sotto la soglia dei 30 centesimi al litro, quando solitamente può essere venduto anche a 42 centesimi. La motivazione di questo crollo va ricercata nell’invasione di prodotti provenienti dall’Est, specie dalla Slovenia, dove il “latte spot” per l’appunto viene commercializzato a 28 centesimi al litro.
La competizione al ribasso interessa anche altri prodotti derivati: è il caso delle mozzarelle ed in generale dei formaggi. Secondo la Camera di Commercio di Udine, ad esempio, il prezzo del formaggio Montasio (prodotto Dop) è crollato in maniera verticale. È passato, infatti, dai 6 euro e 50 al chilo per la forma di stagionatura a 60 giorni (rilevazione del mese di marzo) all’essere venduto addirittura a 5 euro.
Si tratta di un ribasso spropositato per un prodotto di altissima qualità che deve reggere, però, la competizione con i formaggi provenienti da altre realtà, che evidentemente non puntano sulla qualità e riescono a commercializzare i loro prodotti nei discount a prezzi molto più convenienti per il consumatore.
C’è da chiedersi se sia questa la strada che si vuole seguire, a maggior ragione nell’anno di Expo, dove la qualità e la sicurezza alimentare sono dei veri e propri assi portanti di tutta la manifestazione.

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