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Eurostat: inflazione e commercio al dettaglio negativi nell’Eurozona

6 Maggio 20153 min read

Le elaborazioni fornite dalla Commissione europea hanno dato qualche speranza all’Italia e all’intera Eurozona. Il commissario Moscovici ha parlato addirittura di “un’economia europea che sta vivendo la migliore primavera degli ultimi anni”.
Le previsioni di di Bruxelles hanno dato il Pil dell’Eurozona in crescita del +1,5% nel 2015 e del +1,9% nel 2016, con un tasso di disoccupazione in lieve calo.
I dati di Eurostat relativi al mese di Marzo, però, rivelano un’Europa ancora in difficoltà soprattutto dal punto di vista monetario e del commercio al dettaglio. Se è vero che il mini-euro ha favorito l’aumento delle esportazioni soprattutto per quei paesi come l’Italia che hanno un grande appeal verso i mercati oltreoceano, mantenere un livello di inflazione così basso nel lungo periodo può essere controproducente.
Andrebbe, infatti, contro i parametri fissati dalle istituzioni continentali che spingono per un indice dei prezzi al consumo attorno al +2,0%. Del resto il Quantitative easing, ovvero la misura espansiva della Bce che ordinato l’acquisto dei titoli di stato degli stati membri da parte delle banche centrali, agisce in tal senso.
L’obiettivo è aumentare la liquidità disponibile sul mercato e portare l’inflazione sui livelli auspicati.

28102014Secondo i dati di Eurostat, l’inflazione nel mese di Marzo rimane negativa seppur in lieve miglioramento rispetto a Febbraio: -0,1% contro il -0,3% del mese scorso. L’indice dei prezzi al consumo non varia, invece, su base mensile per l’Italia, attestandosi sempre sul valore negativo del -0,1%. Stesso livello anche per la Francia, mentre in Germania cresce e diventa del +0,3%.
Gli effetti del Quantitative easing, dunque, faticano ancora a farsi vedere; siam ben lontani, infatti, dal +2,0% auspicato dalle istituzioni europee.
Anche il commercio al dettaglio mostra dei segnali di flessione: rispetto al mese precedente l’Eurozona perde lo 0,8% e l’Unione Europea lo 0,6%. Una tale variazione negativa di tipo congiunturale è dovuta principalmente alla caduta del 2,7% del carburante, dello 0,8% del settore non alimentare e di 0,6% di quello alimentare.
I segnali di ripresa all’interno dell’Eurozona rimangono comunque evidenti, ma vanno interpretati. Per adesso non si può parlare di uscita definitiva dalla crisi, ma piuttosto di fattori di breve periodo (crollo prezzo del petrolio, mini-euro, QE) che spingono le economie nazionali a guardare il futuro in maniera positiva, consapevoli, però, dei limiti strutturali ancora presenti nel mercato internazionale.

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