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E se ci fossero anche giovani che lavorano?

3 Novembre 20163 min read

L’Italia è uno dei paesi europei con il più alto numero di Neet, ovvero di giovani che non studiano e non lavoro. La crisi ha ridotto del 30% la quota di occupati under 30, così come è diminuito del 19% il numero di giovani titolari di imprese. 

Nonostante la situazione sicuramente non incoraggiante, esistono anche dei ragazzi che hanno studiato, portando a termine il loro percorso di studi con una laurea magistrale, e che hanno avviato un’attività imprenditoriale. Confcooperative li ha definiti “i giovani che ce le fanno” e proprio su questo tema ha presentato oggi, a Roma, un focus condotto da Censis.
censis-giovaniSecondo questo rapporto, in Italia, i giovani con una età compresa tra 15 e 29 anni che lavorano sono 2.630.000 e valgono 46,5 miliardi di euro (corrispondenti al 2,8% del Pil). Ci sono poi tanti ragazzi che decidono di aprire un’impresa: vengono chiamati Eet (Employed-Educated and Trained) e in Italia sono 175.000, di cui il 24,7% presente nel Nord-Ovest, il 15,7% nel Nord-Est, il 18,5% nelle regioni centrali ed il 41,1% nel Mezzogiorno.
Ci sono alcuni settori particolarmente dinamici che hanno visto negli ultimi anni il proliferare di imprese a conduzione prevalente maschile. I giovani attivi nel campo delle attività di supporto per le funzioni d’ufficio e i servizi alle imprese sono aumentati del 113,3%; stessa dinamica per le aziende giovanili nei servizi d’informazione e altri servizi informatici (+53,4%), nei servizi per edifici e paesaggio (51,5%) e nei servizi di ristorazione (25,3%).

L’indagine di Censis mette in evidenza un altro aspetto interessante. I ragazzi che hanno un titolo di studio accademico riescono nella maggior parte dei casi a trovare lavoro. “Nel 2015, a quattro anni dalla laurea, il 72,8% dei laureati di I livello – riporta il Focus di Censis per Confcooperative – ha dichiarato di lavorare, contro il 19,7% che è in cerca di lavoro. I laureati magistrali hanno una migliore condizione lavorativa, dal momento che ha dichiarato di lavorare l’83,1% del totale. La quota di chi è in cerca di lavoro è pari al 13,1%. La quota di dirigenti, imprenditori e professionisti raggiunge il 59,2% per i laureati di II livello”.
L’Italia, dunque, dovrà fronteggiare la crisi occupazionale dei giovani puntando sulla formazione delle nuove generazioni e cercando di rendere loro agevole l’avvio di un’attività d’impresa.
Tra i “giovani che ce la fanno” ci sono anche tanti cooperatori. Proprio a questi ultimi si rivolge Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, nel commentare i principali risultati della ricerca: “L’analisi ci dice che ci sono dei germogli di ripresa segnali di vivacità da incoraggiare e perseguire. È tempo di insistere e di guardare al futuro. È lo sguardo dei cooperatori che è rivolto al futuro, pensano a costruire un’impresa oggi per tramandarla domani alle future generazioni di soci. Molti cooperatori di oggi non erano neanche nati quando la loro cooperativa era già impegnata nell’agroalimentare, nel credito, nel sociale, nei servizi, nel consumo, nell’abitazione, nella pesca”.

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