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Dirigenti pubblici e privati: una categoria in crisi

10 Febbraio 20153 min read

La crisi ha colpito anche il mondo dirigenziale. Lo rivela la Cida (Confederazione italiana dei dirigenti pubblici e privati).
Nel 2014 sono circa 10 mila i dirigenti che hanno perso il lavoro, in netto aumento rispetto ai 5 mila licenziamenti annui degli anni passati.
Quella dirigenziale è una figura che comporta dei costi importanti per un’azienda. Per questo motivo molti imprenditori decidono di affidare un incarico di tipo direttivo ad altri soggetti.

17112014Sono molte le imprese che scelgono dei parenti dell’imprenditore per svolgere il ruolo di manager o di direttore commerciali . Il modello di azienda familiare è molto diffuso in Italia, una realtà che spesso cozza con gli standard di competenza d’eccellenza.
Tal volta accade che tale ruolo venga ricoperto da un quadro. Non è un caso che nell’ultimo anno questi ultimi siano in aumento del +10%, al cospetto di una diminuzione dei dirigenti del -4,5%.
Gli imprenditori utilizzano anche forme contrattuali inusuali per questo tipo di lavoro: co.co.pro, consulenza e partita Iva con mono-committenza sono ormai rapporti contrattuali sempre più utilizzati per le mansioni dirigenziali.
Le strutture delle aziende presentano, quindi, dei modelli per lo più verticistici. La figura dell’imprenditore diventa un “tutto-fare”, non si limita ad investire capitali, ma effettua con maggiore frequenza scelte di natura strategica, che contemplino anche la gestione del personale e delle risorse.
La scelta di affidare incarichi di questo tipo a parenti o a figure con meno competenze di un dirigente, agisce proprio nella direzione dell’accentramento decisionale.
Il manager, di converso, perde la sua fisionomia autonoma, il tutto a discapito dell’azienda che rischia di dover far fronte, il più delle volte,ad una gestione inefficiente del capitale.

Un’indagine di Manageritalia rivela, inoltre, che è diminuito il periodo di permanenza di un dirigente all’interno di un’impresa, passando da 8 a 6 anni di media.Diminuisce, infine, l’entità delle buonuscite, attestabile attorno a sei mensilità.
Ci troviamo di fronte, dunque, ad una situazione che rischia di modificare i modelli classici d’impresa, ponendo al centro la figura dell’imprenditore e sacrificando quella del manager.
È ancora troppo presto per poter affermare questo assunto con certezza, ma la tendenza degli ultimi anni appare chiara. Non è da escludere, tuttavia, che tutto possa tornare alla normalità con la fine (auspicata) del periodo di recessione.

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