Se c’è un aspetto che nelle aziende non è sufficientemente tenuto in considerazione è il cosiddetto “trapasso delle nozioni”: non un vero e proprio strumento quanto, piuttosto, una cultura aziendale che fa del passaggio delle esperienze, la comunicazione di esperienze, una risorsa sulla quale puntare decisamente.
Se i giovani costituiscono il futuro, l’innovazione, il progresso, i dipendenti senior rappresentano la parte solida di un’impresa: coloro che nel tempo hanno acquisito capacità imprenditoriali talvolta fino a spingerli, talvolta, a darne vita a proprie. Un bagaglio di esperienze fatte di vissuti che, nel bene e nel male, hanno lasciato una traccia significativa dalla quale ricavarne energia per le nuove generazioni.
Il concetto appena espresso è noto con il nome di “diversity management”: una pratica nata negli Stati Uniti (tanto per cambiare) attorno agli anni ’90, che si occupa della valorizzazione delle diversità delle risorse presenti in azienda, impiegate per motivare i nuovi dipendenti e migliorare il clima aziendale, ottenendo così performance migliori. Una pratica e un principio gestionale che, purtroppo, nel nostro paese è disconosciuto o non applicato in buona parte delle imprese dove, invece, i diversi livelli generazionali finiscono per accentuare conflitti o, come in questo tempo di crisi, spingendo il lavoratore senior (anche per i costi elevati che costui comporta), ad abbandonare il campo.
Con le loro competenze, legate alle mansioni svolte ed ai contatti interni ed esterni sviluppati, i lavoratori over 50, possono diventare dei coach o counselor per i giovani neoassunti, accompagnandoli nel percorso di conoscenza dell’azienda. Possono affiancarli fino a renderli autonomi nello sviluppo (enpowerment) di responsabilità da riversare nelle scelte future dell’azienda.
Nell’Anno Europeo per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra le generazioni, inaugurato appena due mesi addietro, possiamo sperare di dar vita ai principi della diversity management, migliorando le condizioni dell’invecchiamento con particolare attenzione al campo dell’occupazione favorendo lo sviluppo di percorsi virtuosi, sostenuti anche da veri e propri progetti formativi, utili a migliorare la permanenza attiva degli over 50 in azienda contribuendo così a dare valore all’esperienza che, in caso di abbandono, resterebbe perduta con un investimento di tempo (e denaro) maggiore per l’inserimento delle nuove generazioni.
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