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Decreto salve banche: 3,6 miliardi dal Fondo di Risoluzione

23 Novembre 20152 min read

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il cosiddetto decreto “salva banche”, il provvedimento di salvataggio finanziario di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e CariChieti.
L’intervento non prevede alcun finanziamento pubblico, ma fa gravare l’onere dell’operazione sull’intero sistema bancario attraverso il Fondo di Risoluzione, finanziato dai contributi delle banche.

Il costo complessivo della misura è di 3,6 miliardi, alcuni dei quali sono recuperabili con la vendita degli istituti finanziari. Nella serata di ieri è arrivato anche l’ok della Commissione europea che in precedenza aveva bocciato diverse proposte dell’esecutivo.
salva bancheL’Unione Europea è molto rigida sul tema del salvataggio delle banche, non ammettendo alcuna forma di finanziamento statale alle banche.
La soluzione trovata dal Governo prevede che vengano aperte due linee di credito da parte di alcuni dei maggiori istituti finanziari italiani, ovvero Intesa San Paolo, Unicredit ed Ubi.
Verranno anticipati al Fondo di risoluzione le risorse necessarie per il salvataggio attraverso crediti a tassi d’interesse di mercato.
Il primo debito verrà estinto entro la fine dell’anno grazie ai contributi versati dalle 208 banche del sistema non-Bcc al Fondo di risoluzione, una quota che ammonta a 500mila euro. A questa cifra andranno aggiunti 2 miliardi di annualità straordinarie.
Il resto della cifra anticipata verrà, invece, restituita quando sarà completata la vendita degli istituti e dei crediti deteriorati.
Ciascuna delle quattro banche vedrà una divisione interna tra la cosiddettà “banca buona” o “banca ponte” composta dai depositi, i conto correnti e le obbligazioni ordinarie e la “banca cattiva” dove ci saranno i crediti deteriorati.
Le “banche buone” verranno gestite dall’Unità di Risoluzione della Banca d’Italia, mentre le “bad banks” saranno guidati da esperti di recupero crediti che proveranno a rivalutare e vendere le attività deteriorate.

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