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Ddl anti-corruzione: Pene più severe ed aumento dei termini di prescrizione. Ma basterà?

15 Dicembre 20142 min read

Lo avevano dichiarato nei giorni scorsi e venerdì in occasione del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ed Andrea Orlando (Ministro della Giustizia) hanno dato il via libera al nuovo disegno di legge anti-corruzione. Non si tratta, come si pensava in un primo momento, di un decreto legge, ma di un vero e proprio Ddl. Questo vuol dire che ci saranno tempi di approvazione più lunghi e che ci potranno essere rilevanti modifiche davanti alle Camere.

orlandoLe principali novità del provvedimento sono l’inasprimento delle pene per il reato di corruzione e l’aumento dei termini di prescrizione. Il testo prevede, appunto, delle sanzioni che vanno da un minimo di 6 anni ad un massimo di 10. La normativa attuale disciplina questa fattispecie prevedendo una pena di reclusione che va dai 4 agli 8 anni. Stesso discorso per i tempi di prescrizione che passano dai 10 attuali ai 12 anni e mezzo della nuova legge. Importante anche la disciplina del patteggiamento. Se il nuovo Ddl passerà alle Camere, i corrotti potranno patteggiare la propria sanzione solo ed esclusivamente se restituiranno per intero la cifra sottratta all’erario pubblico.

Misure che si pongono come obiettivo quello di fungere da deterrente per i reati di questo tipo, in un momento storico di grave decadimento morale per il nostro Paese. La domanda che sorge spontanea è se queste misure saranno sufficienti per arginare il fenomeno corruttivo. Manca, ad esempio, una norma che incentivi la collaborazione con le autorità, favorendo così i pentiti, come avviene, ad esempio, per i reati di mafia.
Senza dubbio ci sarà spazio alla Camera ed al Senato per intervenire e perfezionare il disegno di legge. Difficile, però, che si possa trovare un compromesso con Forza Italia ed il Nuovo Centrodestra, contrari entrambi all’inasprimento delle pene, definito da alcuni esponenti del partito di Silvio Berlusconi come un vero e proprio “liberticidio”. 
I magistrati, dal canto loro, chiedono un intervento organico che non si limiti ad agire sulle sanzioni, ma che intervenga a più ampio raggio sui metodi di prevenzione e di investigazione.

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