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Cyberbullismo: la legge che favorisce la censura

21 Settembre 20164 min read

Nella giornata di ieri la Camera dei Deputati ha approvato con 242 sì, 73 no e 48 astensioni la legge sulla Tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo. 

Il provvedimento è stato profondamente cambiato rispetto alla prima lettura effettuata in Senato, stravolgendo sia i contenuti che la ratio della proposta di legge originaria di Elena Ferrara, senatrice del PD. Si è passati da una legge che cercava di prevenire il fenomeno del cyberbullismo attraverso campagne di sensibilizzazione, cyberbullismo-leggespecie sui minori, ad un testo incentrato sull’aspetto repressivo e sanzionatorio, senza in realtà porre dei seri rimedi al fenomeno.
L’articolo 1 definisce il bullismo come “l’aggressione e la molestia reiterate con uno squilibrio di potere, a danno di una o più vittime percepite come più vulnerabili, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, timore, o di isolamento ed emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio e all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, il genere, l’origine etnica, la disabilità, l’età, l’orientamento sessuale o politico, la lingua, l’aspetto fisico, le condizioni personali e sociali della vittima“. Per cyberbullismo si intende, invece, qualunque comportamento o atto reiterato fra quelli sopra citati e commesso attraverso l’utilizzo di strumenti elettronici e internet. 

L’articolo 2, invece, è quello più controverso. Viene stabilito, infatti, che chi è vittima di aggressione o molestia online tale da provocare uno stato d’ansia può richiedere al gestore del sito internet, blog o del social media di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete. Se il gestore non provvede entro 48 ore sarà il Garante per la privacy ad intervenire entro le 48 ore successive, potendo comminare al gestore multe fino a 100mila euro.
Qui si pongono diversi questioni sia sull’efficacia della misura che su una possibile limitazione al diritto di opinione.
Il Garante per la privacy non può intervenire su gestori che hanno la propria sede all’estero, quindi poco potrà fare sui contenuti presenti su Facebook, WhatsApp e YouTube che sono gli strumenti più utilizzati per diffondere materiale offensivo o derisorio nei confronti di una persona.
Quelli che verranno maggiormente colpiti saranno invece i siti internet ed i blog che in futuro, qualora la legge dovesse essere approvata senza modifiche in Senato, saranno costretti a rimuovere dei contenuti per evitare sanzioni potenzialmente devastanti per la propria attività.
Il rischio, dunque, è di favorire la censura, dando modo a chi si sente in qualche modo diffamato e offeso di costringere i siti internet a rimuovere i contenuti senza che venga verificata la loro veridicità. I blogger, spinti dalla paura di una multa incombente, si guarderanno bene da pubblicare contenuti derisori su esponenti politici o aziende dal forte potere economico.
Non sono mancate le critiche al provvedimento. Una delle più autorevoli è quella di Cory Doctorow, giornalista e blogger canadese esperto di diritti digitali e sicurezza informatica. L’auspicio è che la legge possa essere cambiata in maniera sostanziale in seconda lettura in Senato per evitare che venga approvato un testo che limita di fatto la libertà di opinione e penalizza fortemente i piccoli blog.

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