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Credito cooperativo, Gardini: decreto sulle Bcc pagina dolorosa per la cooperazione italiana

16 Febbraio 20162 min read

Il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini è tornato sul tema della riforma del credito cooperativo nel corso dell’assemblea di Confcooperative Piacenza.
L’evento ha visto la partecipazione anche del ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan.

È stata, dunque, un’opportunità per confrontarsi con un esponente governativo e ribadire la posizione del mondo della cooperazione italiana in merito al decreto sulle Bcc.
Mentre viene condivisa l’impostazione generale dell’intervento normativo, non può essere accettata, invece, una norma che consente alle Bcc con un Gardini Confcooperative patrimonio superiore ai 200 milioni di euro di trasformarsi in Spa portando con se le risorse accumulate in questi anni.
Si tratta, infatti, di un patrimonio che appartiene ai soci e soprattutto all’intera collettività.
«Chi non ci vuole stare non può diventare Spa e portarsi dietro il patrimonio. – dichiara GardiniIl nostro rapporto con i ministri è quotidiano e la nostra riforma non l’abbiamo scritta da soli, l’abbiamo costruita con la Banca d’Italia e il Mef. Legittimo che ci sia una via di fuga dal progetto, ma non è legittimo che si chieda a una coop che ha accantonato magari in 130 anni di storia riserve indivisibili di dividere questi “patrimoni” che non sono dei soci, ma sono della comunità. É un’aberrazione mettere in pratica questo snaturamento. Sarebbe una pagina davvero dolorosa per la cooperazione italiana».

Come ribadito a più riprese dal presidente di Confcooperative, il mondo della cooperazione “non chiede favoritismi” ma il rispetto dell’identità e della storia cooperativa.
Lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è consapevole della funzione sociale svolta dalle coop lungo 130 anni di storia, soprattutto nel momenti di crisi, sottolineando “il ruolo anti-ciclico della cooperazione che ha lo scopo di mantenere i livelli occupazionali, di dare lavoro e di rispondere a bisogni del territorio. Lo hanno fatto con aggregazioni e utilizzando il patrimonio intergenerazionale”.
Vedremo nei prossimi giorni se i passaggi parlamentari e l’opera di mediazione dei dirigenti cooperativi servirà a cambiare i connotati della riforma, inserendo magari dei meccanismi di opting-out che tutelino le riserve indivisibili e i valori portanti della cooperazione italiana.

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