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Costi elevati e servizi poco sviluppati: il mondo delle università italiane secondo Ocse e Federconsumatori

27 Febbraio 20154 min read

Il mondo accademico è oggetto di periodiche riforme e perenni discussioni sul proprio assetto didattico-formativo.
Ma qual è realmente il posizionamento degli atenei italiani rispetto ai parigrado europei? E soprattutto il rapporto costi/servizi offerti risulta essere efficiente?
L’indagine “Education at Glance”, elaborata da Ocse, ci aiuta ad avere un quadro più chiaro della situazione.

L’analisi in questione riguarda i sistemi universitari degli stati industrializzati in base al costo delle rette accademiche e al livello di sviluppo dei servizi offerti.
Ci sono università, ad esempio, come quelle americane o britanniche che presentano una tassazione elevata, ma una qualità dei servizi al top.
E poi ci sono altre realtà, tra cui quella italiana, con dei costi in netto aumento ed un livello dell performance rimasto pressoché invariato con il passare degli anni.
L’indagine “Education at Glance” divide i paesi in base a varie categorie: l’Italia rientra nella fascia di Stati con rette nella media, ma servizi poco sviluppati.
In generale la media nazionale delle tasse universitarie si aggira attorno ai 1.200 euro, ma quel che preoccupa maggiormente è la crescita costante delle rette (secondo Federconsumatori +1,2% nell’anno accademico 2014/2015 rispetto a quello precedente) a fronte di servizi che faticano a reggere il confronto con le altre realtà europee.

Frequentare un ateneo in Italia, dunque, implica dei costi notevoli, soprattutto se rapportati alla qualità delle prestazioni offerte.
La conferma di questi dati viene da un’indagine di Federconsumatori, che analizza nel dettaglio i costi delle singole università italiane effettuando anche delle comparazioni a livello territoriale.
Emerge, ad esempio, com’era lecito aspettarsi, che gli atenei del Nord sono comparativamente più cari di quelli del Centro e del Sud (12,89% il divario tra Nord e Sud).
Per intendersi essere iscritti ad un’università della Lombardia costa da un minimo di 625,2 euro ad un massimo di 3.511 euro, mentre le tasse nelle università siciliane vanno da 540 a 1.747,25 euro.

Si capisce benissimo quali siano, ancora oggi, i divari territoriali all’interno del nostro paese, su tutti i fronti, dall’economia passando per l’appunto per il mondo accademico.
Federconsumatori ha stilato anche una graduatoria degli atenei più costosi, distinguendo ovviamente tra pubblici e privati.
Tra i cosidetti “mega-atenei” (più di 40.000 studenti) pubblici, l’università più cara è la Statale di Milano, dove si paga minimo 751,50 euro annui per la fascia di reddito più bassa e 3.389 euro per quella più alta.
Il “mega-ateneo” pubblico più economico è invece l’Alma Mater di Bologna (162 euro la retta minima e 1.681,64 euro la massima).
Passando, infine, alle università private, troviamo ovviamente dei dati più elevati. La Bocconi di Milano, ad esempio, divide i propri studenti in quattro fasce di reddito: 4.991 euro la più bassa di 11.156 euro la più alta.
La Luiss di Roma prevede, invece, un’unica retta universitaria corrispondente a 9.000 euro; mentre l’ateneo più costoso è il Campus Bio Medico di Roma, dove il costo fisso dei primi tre anni è di 11.500 euro e va a scalare fino ad arrivare a 10.250 euro per il sesto ed ultimo anno di corso.

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