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Cosa dice il Rapporto Censis su welfare e sanità

6 Dicembre 20214 min read

Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere l’edizione 2021 del Rapporto Censis che ha rivelato una forte crescita delle spinte irrazionali, complottiste e anti-scientifiche della società italiana. 

Ma l’indagine annuale dell’istituto di ricerca socio-economica ha riguardato anche questioni centrali per il mondo del terzo settore, in particolare il welfare e la sanità
La pandemia ha costretto le istituzioni, gli ETS e i cittadini stessi a ripensare i modelli socio-assistenziali, progettando un sistema di welfare territorialmente (e non solo) sempre più vicino alla persona.

La nuova sanità: tra prossimità e digitale

Secondo il Rapporto Censis il 94,0% della popolazione ritiene indispensabile avere sul territorio strutture sanitarie di prossimità, con medici di medicina generale, specialisti e infermieri cui potersi rivolgere sempre. Per i cittadini interpellate da Censis, quindi, in futuro la sanità dovrà essere indipendente dai grandi ospedali, soprattutto per i problemi di piccola entità e la cura delle malattie croniche.

I sistemi sanitari ospedalo-centrici si sono rivelati inadeguati a risolvere i problemi generati dalla pandemia e in generale a rispondere prontamente alle esigenze quotidiane delle persone. Ambulatori, Case della salute, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri di comunità, assistenza sanitaria a domicilio dovranno essere quindi il vero fulcro della nostra sanità. 

A questi strumenti va aggiunta anche la telemedicina che con le sue innovazioni sempre più imponenti consentirà di migliorare anche l’assistenza domiciliare. 

Un’Italia sempre più povera

Ma la pandemia, oltre a svelare le falle del nostro sistema sanitario, ha fatto emergere anche tante questioni sociali che rischiano di avere un forte impatto sulla tenuta democratica dell’Italia. Come evidenziato dal rapporto Censis nel 2020 2 milioni di famiglie italiane vivono in povertà assoluta, con un aumento rilevante rispetto al 2010, quando erano 980.000: +104,8%. L’aumento è sostenuto soprattutto al Nord (+131,4%), rispetto alle aree del Centro (+67,6%) e del Sud (+93,8%).

Il rischio è che le diseguaglianze possano crescere ancora di più. Durante il periodo più grave dell’emergenza Covid, infatti, milioni di studenti e lavoratori hanno dovuto ricorrere agli strumenti digitali per potere svolgere la propria attività scolastica, formativa e lavorativa. 
E non tutti erano pronti all’appuntamento con la DAD e lo smart working: il 35,2% degli studenti degli ultimi anni delle superiori e dell’università dichiara, infatti, di aver avuto difficoltà nella formazione a distanza e l’11% degli occupati ha fatto fatica con le proprie attività lavorative in versione digitale. Per il 60,7% degli italiani, infine, in assenza di interventi adeguati, il digitale aumenterà le disuguaglianze tra le persone. 

Un quadro quindi tutt’altro che rassicurante dal punto di vista delle pari opportunità e di quel principio di eguaglianza sostanziale, sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione, e che imporrebbe un intervento dello Stato per assicurare a tutti di poter sviluppare la propria personalità umana e partecipare alla vita politica, economica e sociale del Paese.

La speranza della solidarietà

Ci sono però anche degli elementi di speranza. La grave crisi sanitaria ed economica ha rafforzato, ad esempio, il senso di comunità e lo spirito di solidarietà dei cittadini. Secondo Censis un terzo degli italiani ha partecipato a iniziative di solidarietà legate all’emergenza sanitaria, aderendo alle raccolte di fondi per associazioni non profit, per la Protezione civile o a favore degli ospedali. Quasi un terzo di coloro che si sono attivati ha svolto in prima persona attività gratuita in associazioni di volontariato impegnate nella lotta al Covid. 

L’Italia, dunque, si conferma un Paese dove la spinta solidaristica è molto forte. Una pulsione che può essere incanalata e valorizzata al meglio dalle cooperative e dagli enti del Terzo settore che operano ogni giorno secondo i principi dell’inclusione sociale, della mutualità e della solidarietà.

 

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