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Cosa accomuna la spending review al detto “non c’è trippa per gatti”?

11 Luglio 20123 min read

Spending review”: ovvero tagli alla spesa pubblica.

È il termine in auge in questo momento grazie alla proposta del Governo Monti di procedere ad una revisione della spesa pubblica, nei prossimi tre anni, per un valore complessivo di 26 miliardi di euro.

spending review trippa per gatti MontiNe abbiamo parlato già nei giorni scorsi evidenziando che si tratta di una vera e propria mannaia che si abbatte, praticamente, su quasi ogni voce del bilancio dello Stato. Risparmiare si po’ e si deve e, in tempi come questi, diventa un obbligo: anche senza il benestare della Comunità Europea.

Ma è sempre stato così o si tratta di una necessità del momento?

La cosa non deve sorprenderci ma, realmente, i tagli alla spesa pubblica sono un affare antico. Un po’ come avviene in ogni famiglia alle prese con le entrate, spesso poche o quantomeno stabili, e le spese in progressivo e lento aumento. Da qualche parte occorre tagliare.

I romani lo sanno bene. Il loro detto “nun c’è trippa pé gatti” ne è l’espressione più appropriata poiché nata, per l’appunto, per indicare un taglio di spesa all’allora, siamo ai primi del ‘900, bilancio comunale.

Il documento contabile del comune era redatto in ordine progressivo secondo l’importanza della spesa. All’ultimo posto dello stesso era previsto il costo per l’acquisto mensile di trippa (o, probabilmente, frattaglie varie) destinata a sfamare i gatti che servivano a dare la caccia ai topi che infestavano il Campidoglio. Sembra che rosicchiassero i documenti ivi custoditi.

Fu l’allora primo sindaco di Roma Ernesto Nathan, un progressista massone di origine anglosassone (nato a Londra nel 1845 – sindaco dal 1907 al 1913), che alle prese con un bilancio comunale in rosso, nell’esaminare tutti i costi indicati, decise di applicare la spending reviuw proprio all’acquisto di quella trippa. Fu allora che nel presentare il documento-rendiconto coniò la celebre frase “nun c’è trippa pé gatti!”. Una scelta vincente, unitamente ad altre molto coraggiose, che gli fece attribuire, dalla popolazione di allora, il soprannome di “sindaco della modernità”.

Il termine romanesco, nel tempo, ha assunto il significato di “non nutrire più alcuna speranza che una certa cosa venga concessa”: possono sperare i politici, i parlamentari in particolare, poiché per loro la trippa è rimasta invariata! Almeno per ora.

 

 

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