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Bonus Def e povertà: una soluzione possibile e necessaria

13 Aprile 20153 min read

Negli ultimi giorni la discussione sul Documento di Economia e Finanza ha monopolizzato il dibattito pubblico. Da venerdì, giorno della sua approvazione in Consiglio dei Ministri, l’attenzione si è concentrata sulla presenza di un bonus da 1,6 miliardi di euro, ricavato grazie allo scarto tra l’andamento tendenziale del deficit (2,5%) e quello programmatico per l’anno 2015 (2,6%).
Il Governo ha subito evitato di parlare di “tesoretto”, utilizzando la dizione “bonus Def”. Su Twitter attraverso il relativo hashtag #bonusdef gli utenti si sono scatenati, fornendo i loro pareri e le loro ipotesi su un eventuale possibile utilizzo di questa risorse.
Nelle ultime ore sembra che l’esecutivo si stia orientando verso il dirottamento di questi 1,6 miliardi di euro verso le fasce più deboli della società italiana. Si tratterebbe di un’altra misura simil “80 euro”, con l’obiettivo di rilanciare i consumi; secondo i più maliziosi, invece, sarebbe uno strumento propagandistico di tipo elettorale in vista delle Regionali.

polettiNel corso della giornata di ieri è intervenuto sull’argomento il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, parlando ai microfoni di Sky Tg 24 ed esprimendosi a favore di un intervento destinato alla “parte più debole della società”.
Un parere rilevante, quello di Poletti, che trova parziale riscontro nella dichiarazioni di Padoan e Renzi, i quali si sono definiti possibilisti su un’azione per diminuire le diseguaglianze economiche.
Nei prossimi giorni il Governo discuterà nel dettaglio quali sono le opzioni migliori e soprattutto che tipo di strumenti adottare. Ci sono, infatti, altre proposte all’interno della maggioranza.
C’è chi suggerisce di intervenire sulle pensioni o chi come il responsabile dell’economia del Pd, Filippo Taddei, vorrebbe finanziare, attraverso queste risorse, l’Asdi, ovvero il nuovo assegno di disoccupazione per le famiglie numerose inserito all’interno del Jobs Act.

La sensazione è che un intervento sul welfare andrà fatto. La crescita dei fenomeni di indigenza è palpabile anche nel nostro paese. La crisi ha portato con sé un aumento del numero dei disoccupati e dei cosiddetti “Neet” (in inglese Not in Education, Employment and Training), ovvero i giovani che non hanno un lavoro e non frequentano né un corso di studi né uno corso di formazione.
Lo Stato, riducendo la spesa pubblica, ha ridotto inevitabilmente anche le risorse destinate agli ammortizzatori sociali. Ecco spiegato il crollo dei consumi e la conseguente variazione negativa degli investimenti.
Un intervento sulla povertà, dunque, non è solo un dovere morale o un’esigenza di tipo elettorale, ma è anche e soprattutto un modo per far ripartire la nostra economia ed evitare la proliferazione di conflitti sociali.

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