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Bce: segnali di ripresa nell’Eurozona, l’Italia necessita di ulteriori riforme strutturali

19 Marzo 20153 min read

Dopo le stime sulla crescita da parte dell’Ocse, anche la Bce fornisce il proprio bollettino economico sulla situazione europea.
Secondo gli economisti dell’Eurotower, il processo di ripresa si è rafforzato nella seconda metà del 2014 e mostra ulteriori margini di crescita nei primi mesi del 2015.
La fiducia nell’area Ue è, dunque, aumentata. Merito di una serie di fattori internazionali positivi: crollo dei prezzi del petrolio, diminuzione dei tassi di cambio della moneta unica e soprattutto il Quantitative easing.
La misura di politica monetaria, introdotta dalla stessa Banca Centrale Europea, viene valutata da molti economisti come un possibile volano per l’economia continentale.
Le prime risposte delle Borse sono state positive, contribuendo a far crescere il clima di fiducia tra imprese e consumatori. Proprio il Qe ha portato l’Ocse a rivedere al rialzo le proprie stime sul tasso di crescita dei paesi europei.
Francia, Italia, Germania ed in generale l’intera Eurozona ha visto un ritocco verso l’alto delle previsioni di crescita da parte dell’organizzazione internazionale.

Cooperative EdiliLa Bce ha analizzato anche la situazione del mercato del lavoro, probabilmente l’aspetto più critico nella maggior parte dei paesi europei. I segnali di ripresa maggiori riguardano l’area mediterranea, ovvero quegli stati come Spagna, Portogallo e Grecia che fanno registrare tassi di disoccupazione più alti.
Tuttavia negli ultimi mesi c’è stato un aumento del numero degli occupati, che fa ben sperare in vista del 2015.
L’Italia, dal canto suo, mostra segnali di ripresa piuttosto timidi. La disoccupazione è diminuita all’inizio dell’anno nuovo, ma non ai livelli degli altri paesi del Mediterraneo.
Per questo motivo la Bce rammenta che il nostro paese “necessita di ulteriori riforme strutturali per accrescere il prodotto potenziale”.
Al di là delle segnalazioni dell’Eurotower, la speranza è che le recenti misure del governo in materia di lavoro possano dare uno scossone importante al nostro tasso di disoccupazione.
Da questo punto di vista bisognerà attendere i decreti attuativi del Jobs Act sul riordino dei contratti e sulle politiche attive. È qui che l’Italia che si gioca molto, ancor più che sulla modifica, già effettuata, delle tutele all’interno del rapporto lavorativo.
Il nostro paese deve creare un sistema di formazione e di professionalizzazione del cittadino anche quando è fuori dal circuito occupazionale. Solo in questo modo si può creare un mondo del lavoro che sia dinamico anziché flessibile.

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