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Approvato emendamento che riduce il numero delle Camere di Commercio

31 Marzo 20152 min read

Continua il processo di razionalizzazione della pubblica amministrazione. L’obiettivo del Governo è ridurre il numero degli enti pubblici, portando così un notevole beneficio alle casse dello Stato.
Nell’ottica della spending review agisce l’emendamento alla delega sulla riforma della pubblica amministrazione, approvato oggi in commissione Affari Costituzionali in Senato.
L’articolo in questione riduce il numero di Camere di Commercio, che passeranno da 150 a 60. Si procede, dunque, lungo la strada dei taglio dei fondi per le Camere di Commercio, intrapresa con il decreto legge 90/2014.
Quest’ultimo disciplina la riduzione progressiva degli importi versati dalle imprese alle suddette strutture (-35% nel 2015, -40% nel 2016 e -50% nel 2017).

CAMERE_DI_COMMERCIOIl testo di riforma della P.A. accorperà le Camere di Commercio, modificando i requisiti dimensionali minimi per poter mantenere in vita questi organismi. Il limite sarà di 80.000 aziende iscritte al registro delle imprese ed in generale ci dovrà essere almeno una struttura per Regione, una per ogni città metropolitana, una a Trento e una a Bolzano.
Il dispositivo dovrebbe approdare in aula giovedì, quando potremo conoscere nel dettaglio i contenuti del decreto di riforma della P.A.

Per adesso monta la polemica sulla modifica della disciplina dei servizi pubblici locali (acqua, rifiuti, trasporti). Vengono inseriti, infatti, incentivi e meccanismi di premialità per gli enti locali che “che favoriscono l’aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza”.
La misura in questione è stata aspramente criticata dal Movimento 5 Stelle, che vede in essa la prosecuzione del processo di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali, esclusa di fatto dal referendum sull’acqua avvenuto nel 2011.
La norma prevede, infatti, “l’abrogazione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque denominati, non conformi ai principi generali in materia di concorrenza”, riformando, dunque, ancora una volta un settore, quello dei servizi locali, che ha dimostrato in questi anni enormi inefficienze, sia in termini di qualità che di costi delle prestazioni offerte.

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