Sono oltre 3.000 le aziende italiane che operano nel settore dell’agricoltura sociale e danno lavoro a 30mila addetti, per un fatturato complessivo di più di 200 milioni di euro.
Quasi un anno fa, ad agosto del 2015, il Parlamento ha finalmente approvato la legge 141 del 18 agosto 2015 che definisce l’agricoltura sociale quella serie di attività esercitate dagli imprenditori agricoli e dalle cooperative sociali per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate. agricoltura Sono diversi anni, ormai, che gli operatori economici, soprattutto le coop sociali, danno vita a fattorie ed altre attività agricole nelle quali sono impegnati soggetti con problemi fisici o psichici, ex-detenuti, disoccupati, persone che hanno problemi con la droga o con l’alcool.
Il mondo dell’agricoltura e quello dell’integrazione sociale si incontrano e danno vita ad un settore dalle grandi potenzialità, soprattutto in un Paese dalla vocazione agricola come l’Italia.
Nonostante, però, attività di questo tipo siano operative già dagli anni Settanta, solo l’anno scorso il Parlamento ha legiferato in merito.
Non mancano, però, i problemi. Uno di questi riguarda i decreti attuativi che, a distanza di un anno dall’approvazione della legge, ancora non hanno visto luce.
Proprio ieri, il deputato Pd Massimo Fiorio, vicepresidente della commissione Agricoltura della Camera e primo firmatario della legge 141, ha tenuto una conferenza stampa alla Camera, insieme ad Ilaria Signoriello e Marco Berardo Di Stefano, rappresentanti rispettivamente del Forum nazionale Agricoltura Sociale e della Rete delle Fattorie Sociali, ha tenuto una conferenza stampa per sollecitare il Governo ad approvare i decreti attuativi che dovrebbero dare nuovo slancio al settore.
Un’altra questione irrisolta, segnalata anche in questa sede nei mesi scorsi, è il ruolo secondario assegnato alle coop sociali. La legge recita, infatti, che “Le attivita’ di cui al comma 1 sono esercitate altresi’ dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, il cui fatturato derivante dall’esercizio delle attivita’ agricole svolte sia prevalente; nel caso in cui il suddetto fatturato sia superiore al 30 per cento di quello complessivo, le medesime cooperative sociali sono considerate operatori dell’agricoltura sociale, ai fini della presente legge, in misura corrispondente al fatturato agricolo”.
Il criterio dell’attività prevalente limita de facto tutte quelle cooperative sociali, composte da educatori, che ritengono l’agricoltura un’attività estremamente educativa per l’integrazione sociale dei soggetti svantaggiati. La legge, nel colmare un vuoto normativo, penalizza tutti quegli operatori sociali già attivi in questo campo.
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